La Moda Sostenibile: un imperativo per il futuro del fashion, e non solo.

La moda sostenibile non è più una tendenza passeggera o un’opzione per le aziende di moda e lifestyle; è diventata una necessità impellente. Mentre le campagne one-shot a tema verde hanno un impatto limitato (sull’ambiente possiamo dire minimo e spesso si ripercuote anche in negativo sul posizionamento dato l’alto rischio di cadere nel #greenwashing), il vero cambiamento si verifica attraverso l’adozione di processi sostenibili che permeano l’intera catena di approvvigionamento. Questo non è solo un adattamento alle esigenze del mercato, ma un cambiamento culturale fondamentale che riflette la transizione ecologica globale. Ma queste belle parole trovano veramente un riscontro nelle aziende?

Uno studio condotto da Cikis Studio, agenzia di consulenza specializzata in sostenibilità nella moda, rivela che nonostante l’impegno condiviso dalla totalità delle aziende verso la sostenibilità, questo non si traduce ancora in risultati significativi. L’investimento in sostenibilità è principalmente guidato da ragioni di competitività (55% dei casi) e questo riflette la richiesta del mercato di andare in questa direzione. Tuttavia, esiste una significativa discrepanza nei livelli di sostenibilità raggiunti. Il 45% delle aziende si ferma a un livello di base ma nonostante questo, la bandiera della sostenibilità sventola su oltre il 70% delle stesse, che comunicano qualcosa che è spesso infondato, esponendosi al rischio di greenwashing. Secondo CIkis Studio, solo l’8,75% delle aziende raggiunge un livello avanzato di sostenibilità.

Qualche dato sul mercato italiano

Sempre secondo lo studio, le aziende italiane sono ancora indietro rispetto al contesto internazionale dove solo il 13,80% delle aziende italiane ha adottato pratiche di economia circolare, a differenza del 73% delle aziende partecipanti all’iniziativa di Textile Exchange. Inoltre, solo il 24,70% delle aziende italiane calcola la Carbon Footprint, un dato negativo in confronto al 77% delle aziende firmatarie della UN Fashion Industry Climate Action Charter.

Un esempio più strutturato di ascolto di questi dati ce lo dà Zalando che, nelle sue policy di sostenibilità, impone ai brand un utilizzo di oltre 50% di cotone a impatto ridotto. Un altro indicatore del fatto che i consumatori stanno premiando la sostenibilità con la loro preferenza di acquisto.

Investimenti e ESG

Ma non è solo la domanda dei consumatori a guidare questo cambiamento. Gli investitori istituzionali stanno ora guardando sempre più ai criteri ESG (Ambientali, Sociali e di Governance) quando decidono dove allocare i loro capitali. Un dato di uno studio di McKinsey del 2020 (The ESG premium: New perspectives on value and performance, McKinsey, 2020) rivela che 1 investitore su 4 è disposto a pagare un premium price tra il 20% e il 25% per un’azienda con un ESG positivo. Questo non è solo un segno di responsabilità sociale da parte delle aziende, ma anche una dimostrazione di resilienza finanziaria nel lungo termine.

L’Europa, inoltre, sta promuovendo normative rigorose per garantire che le aziende dimostrino un impegno autentico per la sostenibilità. La proposta di Direttiva Europea sui Green Claim prevede sanzioni fino al  4% del fatturato annuo nei Paesi dove è avvenuta la violazione. Un altro messaggio chiaro: le aziende devono essere trasparenti e verificabili nelle loro affermazioni sostenibili.

In sostanza, la moda sostenibile non è più un optional, ma un imperativo per il futuro delle case di moda e lifestyle. Va dritta al punto l’intervista a Elle di Matteo Ward, che è sempre un piacere rileggere. È un’opportunità per abbracciare un nuovo modello di business che non solo rispetta il pianeta e le persone, ma si rivela redditizio e resilienti nel lungo periodo. È tempo di abbracciare la sostenibilità non come un trend, ma come una filosofia aziendale fondamentale per creare un mondo migliore per tutti.

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