Hybrid Working: dalla figura del remote leader al well-being delle risorse umane, così evolverà lo smart working
La PA torna in piena presenza dal 15 ottobre, ma molte imprese sembrano non voler riadottare il modello full-office, anche perché i dipendenti non lo desiderano e sulla produttività non sembra ci siano impatti negativi. Ecco quali sono i trend di un fenomeno che nel 2020 ha coinvolto quasi 7 milioni di italiani, un terzo dei dipendenti.
Dal 15 ottobre la modalità ordinaria di lavoro nella Pubblica amministrazione tornerà a essere quella svolta in presenza. Una “vittoria” per il Ministro Renato Brunetta, secondo cui il PIL potrà beneficiare di questa decisione perché considera il lavoro agile un’eccezione, smentendosi parzialmente in seguito sostenendo che lo smart working per la PA è un’opzione qualora sia gradita dai cittadini.
Non sarà semplice rimettere pienamente in moto la macchina organizzativa dello stato: certo la copertura vaccinale è del 90%, sono scoperti 320mila dei 3,2 milioni di dipendenti pubblici, ma il ritorno in piena sicurezza è un rebus in questo inizio d’autunno.
Una mossa che non ci sentiamo – perché non siamo umilmente in grado – di giudicare da un punto di vista epidemiologico, ma che suona un po’ come anacronistica in questo momento storico. Anche perché, contrariamente a quanto affermato dal Ministro Brunetta, sarebbe smentito dai dati sulla produttività e sul grado di soddisfazione dei lavoratori. Secondo la Cisl, ad esempio, solo il 3% dei lavoratori vorrebbe tornare a una formula full-time.
Imprese: dalla “costrizione” dello smart working alla figura del “remote leader”
Quando l’emergenza sanitaria è scoppiata, ben il 72% delle imprese ha introdotto o potenziato gli strumenti per il lavoro a distanza e l’86% di queste ha continuato a farlo anche nel corso del 2021, con i due terzi che proseguiranno anche in futuro. Lo rivela l’HR Trends & Salary Survey 2021, la ricerca condotta da Randstad Professionals – la divisione specializzata nella ricerca e selezione di middle, senior e top management di Randstad guidata da Maria Pia Sgualdino, Head of Randstad Professionals – in collaborazione con l’Alta Scuola di Psicologia Agostino Gemelli (ASAG) dell’Università Cattolica. Secondo i ricercatori, “lo smart working è destinato a rimanere nella nostra quotidianità”.
Condotta su un gruppo di 350 responsabili di HR, la ricerca ha evidenziato un nuovo importante trend: il remote leader. Una figura a cui “sono richieste capacità di comunicare efficacemente (24%) e di coinvolgere i collaboratori (19%), abilità di gestione e pianificazione (17%, +13% rispetto ai leader tradizionali), affidabilità e capacità di costruire legami di fiducia (12%, +7%) e attenzione alla misurazione dei risultati (11%, assente fra i leader tradizionali)”, si legge nell’articolo di Youmark. Insomma, la comunicazione e l’aspetto umano rimarranno centrali anche in una dimensione di futura di “hybrid working”.
Le big, da Apple a Google approcci contrastanti
Guardando invece ai big come Apple e Google, questo impeto verso lo smart working è meno evidente. Big G, nonostante abbia prorogato il lavoro da casa fin o a gennaio del 2022, ha appena comprato un mega campus da 2,1 miliardi di dollari a New York. Un ulteriore conferma che per il noto motore di ricerca le idee e il business si fanno tra persone. Senza dimenticare che secondo alcuni rumors la società sarebbe stata pronta a tagliare lo stipendio ai dipendenti che avrebbero deciso di continuare a lavorare in smart working.
Per quanto riguarda Apple, ci sono state diverse lettere in cui i dipendenti hanno richiesto formalmente di continuare a lavorare da remoto. Eppure come scrivono i media americani citati da RaiNews, “Google, Facebook, Apple, Amazon e gli altri giganti della tecnologia negli ultimi anni sono stati i maggiori affittuari e acquirenti di spazi per uffici negli Stati Uniti”. E ora che i prezzi sono vantaggiosi molti di loro scommettono su un ritorno in ufficio.
La questione è seria, insomma, e come visto si scontra con esigenze, opinioni e approcci diversi e talvolta contrapposti.
La formula dell’hybrid working è il futuro
Ai lavoratori che se lo possono permettere, insomma, lo smart working pare molto gradito. Per questo il tema riguarda il well being aziendale e probabilmente andrà in una logica di conciliazione, verso un mix tra lavoro digitale e in presenza. Certo ci sono benefici e ostacoli: dal rischio di rimanere ai margini di un’organizzazione aziendale, fino alla capacità di poter attingere a risorse e professionisti dislocati dall’altra parte del mondo. Un elemento che però può favorire l’hybrid working e risolvere molte problematiche è la tecnologia: “fondamentale perché il lavoro ibrido dia i risultati sperati è per le aziende il dotarsi dei giusti strumenti, e in questo caso la tecnologia la fa da padrone”. Stress da caos insomma, eppure siamo sicuri che i post-it e le agende piene e incomprensibili fossero meglio?
È il mondo che cambia più velocemente di quanto ci aspettassimo e i dati ci dicono che lo smart working è il futuro, in una logica di formula ibrida che valorizzi l’aspetto umano e relazionale del lavoro conciliandolo con nuove esigenze personali. Anche perché la leadership si esercita sempre più da remoto. E, soprattutto, perché con quasi 7 milioni di dipendenti italiani in smart working nel 2020, non si può pensare che tutto torni come prima!
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