Khaby Lame, (ancora Chiara Ferragni), la sostenibilità e Trump nel 2021 della comunicazione

Quali sono stati i principali fatti di comunicazione? Difficile scegliere, ma abbiamo provato a fare una selezione di persone ed eventi che hanno fatto parlare i media.

È stato un anno in cui l’attenzione mediatica è stata assorbita ancora dal Covid. Istituzioni, imprese e consumatori hanno dovuto far fronte al secondo anno di pandemia e anche se i lockdown sono stati più soft grazie alle campagne di vaccinazione, diverse abitudini sono rimaste. E hanno a che fare con il digitale.

È stato anche l’anno dei Maneskin e dell’Italia sportiva, ma è stato soprattutto quello di Khaby Lame della sostenibilità come parola d’ordine. Ecco la nostra rassegna delle cose che ci ricorderemo di questo 2021.

Kabhy Lame: il re delle fun reactions

All’anagrafe Khabane Lame, nato in Senegal ma fin da giovanissimo a Torino non ha ancora la cittadinanza italiana. Eppure, afferma di sentirsi (anche) italiano: si tratta di un esempio e un modello per molti giovani che dal nostro Paese non hanno ancora ricevuto la cittadinanza, ma il mondo va avanti e forse questi limiti sono solo nella burocrazia e nella mente di qualche politico.

Quel che però ha fatto Khaby Lame è stato qualcosa di straordinario: oggi ha 54,4 milioni di follower su Instagram (in poche settimane ha polverizzato la leadership tricolore di Chiara Ferragni, che conta oltre 25 milioni raccolti con il lavoro di anni). Su TikTok, piattaforma dove il torinese ha realizzato il suo successo, è invece il secondo creator al mondo più seguito, con 118 milioni di fan, in avvicinamento rispetto alla ballerina Charlie D’Amelio (127,5 milioni).

A dargli il successo planetario è stata la sua capacità di ideare un format di comunicazione semplice, diretto, gestuale, senza il ricorso alle parole. Provate a immaginare se avesse pronunciato qualche frase nei suoi “reaction videos”, noi pensiamo che non avrebbe compiuto una scalata del genere.

Un “Charlie Chaplin” dell’era TikTok che ha conquistato il mondo: tutti i vip fanno a gara per riprendersi con lui e molti brand, compreso Meta lo hanno scelto come testimonial. Con Khaby Lame è la vittoria del “less is more”, dei gesti contro le parole.

Chiara Ferragni: dai social alla Borsa

Da un influencer all’altro, da una stella nascente a un’istituzione dell’Italia all’estero: parliamo di Chiara Ferragni, icona di stile e regina dell’imprenditoria digitale tricolore. Un’imprenditoria che sempre più ha impatti sul mondo finanziario.

Sì, perché Chiara con la sua immagine è in grado di trainare le performance borsistiche dei brand con cui stringe partnership o nei quali entra a sedere nei CdA. Ad aprile, il giorno in cui è stato ufficializzato l’ingresso della Ferragni nel board di Tod’s, il titolo del gruppo ha guadagnato l’8%. A settembre accade una cosa simile: l’imprenditrice annuncia il lancio di una collezione eyewear con Safilo e anche in questo caso c’è un guadagno del 10% a Piazza Affari.

La nostra ipotesi è che la suscettibilità dell’ambiente finanziario aumenterà man mano che influencer del calibro di Chiara Ferragni e aziende affermate sul mercato incrementeranno le rispettive collaborazioni e sinergie.

Non tutti però sono Chiara Ferragni o Elon Musk.

Sostenibilità a parole

Il 2021 è stato un anno spartiacque sul fronte della sostenibilità e del cambiamento climatico, al centro dei lavori del G20 di Roma e della conferenza Cop26 di Glasgow. I grandi del pianeta hanno compreso che la tematica ambientale non può più aspettare e urgono azioni concrete per cercare di riparare al danno commesso in questi ultimi secoli di industrializzazione e inquinamento. Potrebbero però, incontrare l’opposizione di Russia, Cina e India, responsabili da sole di buona parte delle emissioni inquinanti sulla Terra.

Divergenze politiche che potrebbero ulteriormente amplificare il problema, ma lato imprese e comunicazione, cosa sta accadendo? Come si stanno comportando le aziende sul fronte della trasformazione sostenibile?  A fare luce è un recente report di ConsumerLab, secondo cui però le imprese tricolori stanno facendo troppo poco e non sono sufficientemente trasparenti nella comunicazione.

Secondo ConsumerLab, infatti, oggi le società in Italia comunicano la sostenibilità soprattutto attraverso messaggi pubblicitari, con un ridotto ricorso ai bilanci di sostenibilità.

“Il ruolo delle aziende non è solo economico ma anche sociale ma ben poche ne sono davvero consapevoli e ancor meno agiscono con attività in linea con le dichiarazioni ufficiali”, ha affermato in un articolo di Prima Comunicazione Francesco Tamburella, presidente di ConsumerLab. “Manca cultura della sostenibilità e i bilanci – quei pochi che vengono fatti- non sono realizzati per essere letti. Le aziende sbandierano in pubblicità la loro attenzione per questo tema ma all’atto pratico sono poche quelle davvero virtuose”.

A livello di numeri, una pubblicità su 5 parla di sostenibilità, ma solo il 28,2% delle 1.915 principali imprese italiane presenta un bilancio: di queste le prime 345 banche operanti in Italia si fermano al 18,2%; delle 76 Società di Assicurazione il 27,6% lo presenta. E se si guarda alle PMI i valori crollano all’1,76% per le realtà con più di venti addetti e fino allo 0,63% per quelle con meno di dieci dipendenti.

Trump, il nuovo social Truth a undici mesi da Capitol Hill

Il 6 gennaio gli Stati Uniti hanno vissuto uno dei fatti più tumultuosi e politicamente rilevanti della storia contemporanea interna: l’assalto a Capitol Hill alimentato dagli interventi social di Trump che rifiutava la transizione democratica del potere verso il suo successore Joe Biden. Senza entrare in dettagli di natura politica che non ci competono, è chiaro come il successivo ban di Trump da Twitter, Facebook e altri social abbia segnato un punto di svolta per la regolamentazione delle piattaforme.

Il tycoon, a undici mesi dall’attacco al Campidoglio, infatti, ha pronta la sua risposta. Si chiama Truth ed è una società nata con lo scopo di creare “un polo rivale al consorzio media liberale e combattere contro le Big Tech della Silicon Valley”. Nel mese di novembre sarà attivata la vera e propria piattaforma social, denominata, TruthSocial, cui si potrà entrare a far parte con un sistema a inviti. Il roll out su scala nazionale è previsto per l’anno prossimo. “Viviamo in un mondo in cui i talebani hanno un’enorme presenza su Twitter, eppure il vostro presidente americano preferito è stato messo a tacere”, ha scritto Trump in una nota.

Le prime immagini della piattaforma rievocano graficamente quelle di Twitter, ma la vera domanda che ci siamo posti è: quale spazio si ritaglierà una piattaforma del genere, nata sotto l’egida di una società costituita ad hoc e con un chiaro indirizzo politico? Quali regole governeranno Truth, un social che già dal nome rivendica un diritto “leso” a portare avanti il pensiero ideologico del Trumpismo?

L’estremizzazione potrebbe sicuramente esacerbare le problematiche riscontrate da altri social, sulla scorta dei contenuti spesso polarizzanti di Trump. Insomma, la verità potrebbe non essere riposta in un luogo sicuro, ma solo il tempo ci dirà.

 

Credits Image Unsplash by Marvin Meyer

 

Fonti per approfondire l’articolo 

1) Chi è Khaby Lame

2) Chiara Ferragni nel CdA di Tod’s

3) Chiara Ferragni e Safilo

4) Il report di ConsumerLab

5) Truth, il nuovo social di Trump